Tesi 10: La scuola va pensata come un laboratorio di critica culturale

Allo scetticismo la scuola non riserva grandi attenzioni. Qualche cenno nel corso di filosofia del primo anno, qualcosa ancora se succede di parlare di Montaigne, e poco o null’altro. Lo scetticismo appare cosa sterile, meramente negativa. Sfugge l’aspetto positivo. Scetticismo viene da σκέπτομαι: investigo, ricerco, guardo con attenzione, penso a, mi prendo cura di. Il verbo comprende quasi tutte le attività essenziali di una comunità di ricerca scolastica. Diremo dunque che lo scetticismo dev’essere l’atteggiamento della scuola.
Ogni studente giunge a scuola con una sua visione del mondo, che coincide o meno con quella ricevuta dalla famiglia. Lo stesso vale per il docente. In un’aula scolastica si incontrano anche più di dieci identità culturali diverse. Identità religiose, identità politiche, identità etniche, identità sociali. Cattolici, musulmani, ebrei, protestanti. Italiani, albanesi, romeni, nordafricani. Borghesi, proletari, sottoproletari. Che fare con tutte queste identità? Che fare con tutte queste visioni del mondo?
Nelle aule italiane c’è il crocifisso. Indica l’identità italiana, che si vuole cattolica. E qui è un primo errore: perché l’identità italiana è fatta di differenza; sono italiani i cattolici, ma non meno gli ebrei, i protestanti, i non credenti. Ma c’è un secondo errore, anche più grave: il crocifisso esclude che la presunta identità italiana possa aprirsi ad accogliere la differenza rappresentata dai nuovi italiani, gli immigrati. Mettendo alla parete il simbolo di una religione, si dà un messaggio identitario che è la negazione della scuola. La scuola non è il luogo in cui si trasmette un’identità, ma il luogo in cui le identità dialogano in una prospettiva critica.
La scuola dev’essere dunque laica. Ma dev’esserlo anche nel senso etimologico: laico da laos, popolo, contrapposto alla cerchia degli ecclesiastici. La scuola laica non rappresenta il sapere della cerchia degli intellettuali e della loro classe di riferimento, ma si apre ai saperi, alle identità, alle culture presenti nella comunità, intesi non solo in senso etnico (le identità e le culture degli immigrati), ma anche in senso di classe: le culture di cui sono portatori coloro che non appartengono alla classe borghese.
Un ultimo aspetto dell’apertura critica e scettica della scuola è la posizione nei confronti della tradizione culturale. La scuola ha un suo canone: Dante e Manzoni, Petrarca e Pascoli per la letteratura, Kant ed Hegel e Schopenhauer per la filosofia, e così via. Naturalmente ogni canone ha qualcosa di arbitrario, è il risultato di scelte rivedibili, di percorsi che hanno alternative. Anche diversi autori che oggi fanno parte del canone sarebbero dimenticati, se qualcuno non avesse lavorato per tirarli fuori dall’oblio. E questo è anche il lavoro di una scuola scettica, critica, curiosa: porsi con atteggiamento critico nei confronti della stessa tradizione culturale, soffermarsi sugli autori minori, sulle voci dimenticate o rimosse, sui retroscena, indagare i rapporti tra cultura e violenza, evitando ogni autoesaltazione culturale. Il senso della ricerca è anche, anzi soprattutto questo: uscire dai sentieri battuti e cercare insieme sentieri alternativi.