Tesi 14: La scuola deve occuparsi della formazione spirituale degli studenti

Parlare di spiritualità espone a qualche equivoco. Gli uni legano la spiritualità alla religione, gli altri contrappongono la spiritualità orientale o New Age alla religione tradizionale. Qui si parla di spiritualità non in senso religioso, ma esistenziale. Non meno del suo insegnante, lo studente è esposto alla sofferenza, alla solitudine, all’incomprensione, alla morte. Al male. Non meno del suo insegnante, lo studente ha, ed avrà sempre più con il tempo, domande rispondere alle quali è il lavoro di una vita intera. Perché viviamo? Quale è il senso di tutto questo? Perché esiste il male? Cosa è bene? Come dobbiamo vivere? Senza queste domande, la vita resta alla superficie. Perché non usare l’espressione meno equivoca di formazione esistenziale, se si tratta di confrontarsi con i grandi temi esistenziali? Perché, come mostra buona parte dell’esistenzialismo europeo, queste grandi domande possono anche trovare risposte che bloccano l’azione, che gettano nel pantano del negativo. Si conquista la dimensione spirituale quando si è in grado di trovare una via, di dare una risposta positiva alle domande della vita, di fronteggiare la sofferenza, la confusione, la rabbia, la delusione che fanno parte inevitabilmente della vita.
Nella migliore delle ipotesi, la scuola affronta il disagio esistenziale degli studenti offrendo loro un servizio di assistenza psicologica. Una soluzione che spesso giunge troppo tardi, quando già il disagio è diventato sintomo, e che riguarda comunque solo alcuni studenti. Non va meglio con i vari progetti di educazione all’affettività e simili, che restano estemporanei e si legano poco e male al resto del lavoro scolastico. La scuola offre una conoscenza del mondo naturale, storico e culturale. Ciò che si propone è che questa conoscenza si completi con - o meglio: si organizzi intorno ad - una conoscenza di sé non intesa come considerazione teorica della natura umana, ma come presa di consapevolezza di sé, analisi delle proprie sensazioni ed emozioni, considerazione fenomenologica dei propri contenuti mentali. Il riferimento alla fenomenologia non è casuale. La filosofia occidentale, soprattutto nell’antichità, ha sviluppato diverse tecnologie del sé, studiate da Michel Foucault e da Pierre Hadot (che parla di esercizi spirituali), che possono incontrarsi e dialogare in ottica interculturale con le tecnologia del sé orientali, in particolare con la meditazione buddhista, che prescinde da qualsiasi credenza riguardante la dimensione trascendente.